Incipit di “Quo vadis? (Romanzo ai tempi di Nerone)”
Petronio si destò soltanto verso mezzogiorno, stanchissimo, come al solito. La sera avanti aveva partecipato, da Nerone, a un banchetto, che si era protratto fino a notte alta. Da qualche tempo la sua salute declinava. Egli stesso confessava di svegliarsi al mattino con le membra intorpidite e il pensiero greve. Ma il bagno del mattino e accurati massaggi praticati da schiavi esperti acceleravano via via la lenta circolazione del sangue, lo rianimavano, gli ridavano le forze, così che dall’unctorium, ultimo reparto del bagno, usciva ancora come rinato, gli occhi scintillanti di spirito e di allegria, ringiovanito, vivace, elegante, l’incomparabile arbiter elegantiarum che neppure Ottone riusciva a eguagliare.
Petronio si destò soltanto verso mezzogiorno, stanchissimo, come al solito. La sera avanti aveva partecipato, da Nerone, a un banchetto, che si era protratto fino a notte alta. Da qualche tempo la sua salute declinava. Egli stesso confessava di svegliarsi al mattino con le membra intorpidite e il pensiero greve. Ma il bagno del mattino e accurati massaggi praticati da schiavi esperti acceleravano via via la lenta circolazione del sangue, lo rianimavano, gli ridavano le forze, così che dall’unctorium, ultimo reparto del bagno, usciva ancora come rinato, gli occhi scintillanti di spirito e di allegria, ringiovanito, vivace, elegante, l’incomparabile arbiter elegantiarum che neppure Ottone riusciva a eguagliare.
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