Incipit de “L’orso polare”
Immagina, caro lettore, un faccione di color rosso acceso, donde penda una candida barba arruffata, tra i cui grossi peli si nascondano residui di una minestra di cavoli, briciole di pane, o di tabacco color cannella. Aggiungivi l’imponenza di una gran fronte rugosa e d’una chiara calvizie cinta sulla nuca da una corona di bianchi capelli ricciuti che scendono sul colletto della giubba, un paio d’orecchie piccole, molli e carnose, due soffici e lanose sopracciglia, e un imponente naso violaceo che sporge tra due grandi e chiari occhi azzurrini dall’attonito sguardo. Ravviva questo volto con una mimica incessante e quasi inconscia, un frequente sorriso che accompagna i pensieri, il lieto ammiccare d’un occhio e un improvviso e ingiustificato alzarsi e abbassarsi delle folte sopracciglia accompagnato da simultanei movimenti delle braccia e delle spalle, e ti sarai fatta un’approssimativa idea dell’uomo che è il terrore del distretto di Uggelejre, lo sgomento di tutto il clero, l’oggetto dell’indignazione dei maestri di scuola e la disperazione del vescovo evangelico: del parroco protestante di Soby, Thorkild Asger Ejnar Frederick Muller.
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