lunedì 8 marzo 2010

1936 – Eugene O’Neil – USA

Introduzione dell’opera teatrale “La luna dei caraibi”

Il ponte di prora del mercantile britannico Glencairn alla fonda presso un’isola delle Indie Occidentali. La luna piena che si alza nel cielo illumina il ponte di una luce chiara. Il mare è calmo e la nave immobile.
A sinistra, due pennoni dell’albero di trinchetto si protendono neri verso il cielo, formando un angolo di 45 gradi. Sullo sfondo, lo scuro profilo della murata di babordo si taglia nitidamente contro la lontana spiaggia corallina, bianca nella luce lunare, orlata di palme di cocco. A destra, il castello di prora la cui porta di centro, aperta, conduce agli alloggiamenti dei marinai e dei fuochisti. Ai due lati di essa due porte, chiuse, immettono nei quartieri del nostromo, del carpentiere, del cuoco e del maestro d’ascia per così dire i sottoufficiali della nave. Presso ciascuno parapetto inoltre v’è una scaletta che conduce alla sommità del castello di prora, di cui, sulla destra, si scorge l’estremità.
Al centro del ponte, di cui occupa quasi tutto lo spazio, v’è il vasto quadrato sopraelevato del boccaporto numero uno, coperto da una vela abbassata per la notte.
Di lontano, attraverso l’acqua, giunge un melanconico canto negro, fievole e lamentoso.
La maggior parte dei marinai e dei fuochisti sono appoggiati o seduti sul boccaporto, Paul è appoggiato contro la murata di babordo, la parte superiore della sua persona legnosa si staglia contro il cielo. Smitty e Cocky sono seduti sull’orlo del castello di prora, le gambe penzoloni. Quasi tutti fumano la pipa o sigarette. La maggior parte indossa rattoppati indumenti di canapa. Diversi sono scalzi, e alcuni, specie i fuochisti, indossano soltanto un paio di calzoni e una maglietta. Parecchi hanno un berretto in capo.
Quando si alza il sipario v’è un basso mormorio di diverse conversazioni che si svolgono nei vari gruppi. Segue un improvviso silenzio durante il quale si può udire distintamente il canto proveniente da terra.

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